1. Riferimenti
Articolo estratto dalla rivista “ambiente e sicurezza sul lavoro - febbraio 2018”2. Introduzione
Uno dei fenomeni che ha preso piede di recente, nell'universo delle realtà lavorative è quello noto come esternalizzazione, ovvero, outsourcing. Si tratta di quella pratica con la quale un'impresa “madre” affida una porzione più o meno grande della sua offerta di beni e servizi ad una o più società esterne, senza pregiudicare la propria attività primaria. Risulta evidente che siano molteplici ed immediati i vantaggi che tale istituto offre: il più importante è certamente quello di ottenere maggiore flessibilità organizzativa e produttiva, massimizzando il rapporto costi-benefici. Per gli operatori del settore però tale realtà nasconde numerose insidie. Tra esse ruolo centrale assume quella relativa alla gestione delle emergenze afferenti al rischio incendio, al primo soccorso e al rispetto del piano di emergenza ed evacuazione. Limitandoci agli aspetti meramente organizzativi prendiamo in considerazione il caso in cui all'interno di una struttura lavorativa lo snellimento della filiera sia talmente radicale per cui la quasi totalità dei lavoratori sia costituita da dipendenti di società esterne appaltatrici di servizi, a fronte di un ridotto numero di lavoratori subordinati della società madre. Tale panoramica – per nulla isolata e, anzi, sempre in crescita – pone degli interrogativi in riferimento al pieno rispetto della normativa sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro di cui al T.U. (D.Lgs. 81/2008 e s.m.i). Infatti uno dei principali obblighi del datore di lavoro e del dirigente consiste nella designazione delle squadre antincendio, di evacuazione e di primo soccorso (art. 18, comma 1, lett. b T.U. 81/2008) e nell’adozione di tutte le misure idonee al controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza. Alla luce di tale disposizione è obbligo del datore di lavoro la scelta, tra i suoi lavoratori subordinati, di coloro che andranno a costituire le suddette squadre. Soggetti che, salvo giusta causa, una volta selezionati non potranno rifiutare l'incarico. È evidente che per poter effettuare tale scelta il datore di lavoro deve avere una buona conoscenza dei singoli dipendenti e delle specifiche caratteristiche personali di ciascuno; così come risulta determinante individuare il numero di operatori in rapporto alle esigenze poste dalla tipologia dell'attività, dalla necessaria turnazione, dalle eventualità non ponderabili (malattie o improvvise assenze). Obbligo ulteriore del datore di lavoro è quello di garantire un'adeguata preparazione a tali soggetti, attraverso una attività informativa, prevista all’art. 36 comma 1 lett.b, ed una formativa normata dall’art. 37 comma 9. Appare evidente che, nel caso in cui la stragrande maggioranza della forza lavoro abbia origine da contratti di outsourcing, sarà impossibile per il datore di lavoro scegliere coloro da designare quali addetti antincendio, primo soccorso e per l'evacuazione, visto che egli non si trova nella condizione di conoscere le attitudini di quei lavoratori; questi ultimi d’altro canto risulteranno estranei alle peculiarità del luogo di lavoro in cui si trovano ad esercitare la propria attività. Ma il vero problema, che inficia alla base tutte le considerazioni sinora fatte, è che il legislatore non ha contemplato la circostanza per la quale il datore di lavoro non disponga di diretti dipendenti in numero sufficiente a coprire i ruoli previsti dal D.Lgs. 81/08 (addetti antincendio, primo soccorso ed emergenza). La normativa ricavata dal T.U., riferendosi inequivocabilmente al datore di lavoro, chiama in causa colui che, nelle ipotesi tradizionali, è il titolare della realtà lavorativa, oltre che parte contrattuale di un comune contratto di lavoro subordinato. Nel caso delle esternalizzazioni, tuttavia, tale sistema viene scardinato: infatti il titolare dell'azienda è vincolato contrattualmente solo con l'impresa di outsourcing che gli invia i lavoratori e questi ultimi, conseguentemente, vantano rapporto contrattuale con la “azienda per il lavoro” o con il Datore di lavoro dell’impresa appaltatrice da cui dipendono. Appare quindi evidente che, venendo meno il tradizionale schema datore di lavoro-lavoratore, risulta più complesso muoversi all'interno delle trame dei citati articoli del D.Lgs. 81/08. Il primo quesito da porsi, a dispetto della sua ovvietà, sarà quello relativo ai destinatari di tali prescrizioni: in particolare, quando l'art. 18 parla di datore di lavoro, sancendo i gravi obblighi che su di lui incombono (predisporre squadre antincendio e primo soccorso, e altri sopra descritti) si riferisce al titolare dell'azienda in cui il lavoro verrà svolto, o al datore di lavoro della società appaltatrice del servizio? Ed ancora, nel caso di un controllo da parte dell'autorità giudiziaria, quale documentazione si dovrà esibire per dimostrare di aver pienamente rispettato l’art. 18 comma 1 lett. b? Proviamo ora a tracciare in via ermeneutica una possibile soluzione, procedendo con ordine.
3. Le responsabilità del DL
Per quanto attiene all'esatta interpretazione della norma di cui all'art. 18 comma 1 lett. b), tale disposizione, laddove parla del datore di lavoro, sembra alludere solo a colui che è parte contrattuale nel rapporto con il proprio dipendente. Tuttavia, a fugare possibili dubbi o lacune interpretative interviene il secondo periodo della medesima norma, in cui si fa riferimento anche a colui che, a seconda delle circostanze concrete, è “responsabile dell'organizzazione dell'attività e/o dell'unità produttiva, esercitando altresì i relativi poteri decisionali e di spesa”. Questo consente, pertanto, di estendere la locuzione datore di lavoro anche a chi, come nel caso in questione, risulta giuridicamente slegato da coloro che operano presso la sua azienda. In definitiva va attribuito al datore di lavoro fruitore del servizio il ruolo di garante dell’incolumità fisica e morale di quanti prestano la loro opera all’interno della sua impresa. Ora, se partiamo dal presupposto per cui tale soggetto non ha a disposizione dei lavoratori subordinati tout cort, è evidente che egli dovrà comporre le suddette squadre avvalendosi di soggetti che conosce superficialmente. Quanto appena detto assume ancor più rilevanza, se consideriamo l'avverbio “preventivamente” utilizzato dal legislatore all'art. 18, comma 2, lett. b. Ed invero, se tale attività preventiva ben potrebbe aversi, come detto in precedenza, nelle tradizionali ipotesi di lavoro subordinato, più problematica sarà la sua applicazione in situazioni di lavoro in outsourcing. Quali soluzioni all'orizzonte? Per addivenire ad una soluzione razionale è bene non perdere di vista la ratio della normativa in esame, e quindi mantenere come principio inderogabile il dovere di garantire l'obiettivo sicurezza prima di tutto. Nei casi in cui la forza lavoro derivi prevalentemente (a fortiori se unicamente) da esternalizzazioni, sarà opportuno che il contratto di outsourcing tra l'impresa per il lavoro o il Datore di lavoro dell’impresa appaltatrice ed il DL fruitore contenga una clausola (ovvero un accordo pre-contrattuale) in cui sia chiaramente esplicitato l’obbligo di inviare all'impresa richiedente personale già formato in relazione alle richieste del fruitore finale. Non si ritiene a tal punto superfluo aggiungere che quest'ultimo dovrà manifestare tale necessità all'agenzia per il lavoro o al DL dell’impresa esterna (la quale potrebbe essere ignara di tale esigenza) e, che questa, dovrà inviare solo lavoratori che siano stati formati, informati ed addestrati in quello specifico settore nel quale andranno ad operare. Cura del datore di lavoro ospitante sarà la verifica della congruità degli attestati formativi rispetto alla realtà per la quale andranno ad operare i lavoratori, prima di inserire questi ultimi all’interno delle squadre di emergenza ed evacuazione. Ciò servirà a verificare in definitiva la piena rispondenza alle specifiche esigenze aziendali, sia in termini di classe A-B-C per quanto riguarda il D.Lgs. 388/2003, sia in termini di classe di rischio (bassa - media - elevata) per il corso di addetti antincendio. Sarà altresì necessario che i soggetti addetti alle emergenze forniti da soggetti terzi, acquisiscano - preventivamente al loro utilizzo all’interno delle squadre aziendali - una piena conoscenza delle caratteristiche dei luoghi di lavoro in cui opereranno (ad es. identificazione delle uscite di sicurezza, ubicazione dei quadri elettrici o degli estintori, etc.), nonché una perfetta padronanza del piano di emergenza ed evacuazione aziendale. Saranno infatti chiamati quali attori e non spettatori dell’organizzazione aziendale delle emergenze. In merito a questo punto, riteniamo doveroso sottolineare la necessità di creare, all'interno delle singole squadre di emergenza, una vera e propria gerarchia tra gli addetti. Ciò è sempre utile, ma diventa decisivo in casi in cui - come quelli qui analizzati - la squadra sia composta solo da persone facenti capo a differenti datori di lavoro. Dotare la singola compagine di una struttura gerarchica significa identificare formalmente dei capi squadra al fine di evitare che, in emergenza, ognuno agisca in modo slegato ed autonomo. Avere una figura al vertice che guida gli altri consente altresì di non affidarsi alla libera, a volte arbitraria, iniziativa del singolo, limitando comportamenti impulsivi e irrazionali. Come è evidente, quando si parla di capi e gerarchie all'interno delle squadre in oggetto, non significa che esse devono necessariamente rispecchiare le gerarchie aziendali. È ovvio che la scelta di soggetti al vertice di una determinata compagine antincendio, ad esempio, scardina i ruoli aziendali. È utile ricordare che la designazione di un capo squadra non è comunque sufficiente al fine di ottenere gli obiettivi appena indicati. Sarà, infatti, necessario creare un team affiatato ed allenato. Ciò si otterrà attraverso periodiche simulazioni e prove di evacuazione, precedute dall’analisi e dalla perfetta conoscenza del piano di emergenza aziendale.
4. L’aspetto documentale
Curiamoci ora dell’aspetto documentale da esibire in caso di controllo ispettivo. Ci sembra doverosa per il Datore di lavoro ospitante, l'archiviazione degli attestati antincendio e di primo soccorso (in corso di validità) dei lavoratori che opereranno presso i propri luoghi di lavoro, accompagnata da una formale lettera della società appaltatrice (o dell’agenzia per il lavoro) nella quale si autorizzi il fruitore dei servizi a inserire all’interno delle squadre di emergenza aziendali i propri lavoratori. La funzione di quest’ultimo documento è quella di consentire, al datore di lavoro ospitante di utilizzare i lavoratori all’interno delle proprie squadre di emergenza e, contestualmente di garantire al datore di lavoro che mette a disposizione i lavoratori, attraverso tale dichiarazione, che questi ultimi siano messi in condizione di operare consapevolmente e con idonee attrezzature in regime di massima sicurezza. In definitiva, la chiave di volta della problematica, risiede proprio nella corretta stesura di questo scritto, che dovrà essere una sorta di biunivoca assicurazione del rispetto degli obblighi normativi di competenza. Per quanto riguarda invece le lettere di designazione dei lavoratori incaricati alla lotta antincendio ed al primo soccorso, si ritiene che la firma per accettazione dell’incarico da parte del lavoratore debba essere accompagnata da una duplice firma (questa è la peculiarità): quella del Datore di lavoro dei luoghi in cui si opererà, e quella del diretto titolare del rapporto di lavoro; ciò al fine di poter garantire il pieno rispetto dell’art. 43, comma 3 del T.U. riguardante la natura forzosa degli incarichi. Entrando nello specifico, per quanto concerne il divieto da parte del lavoratore di rifiutare la designazione (se non per giustificato motivo), serve una precisazione relativamente alle ipotesi qui esaminate. Nel nostro caso, infatti, potremmo trovarci di fronte al dilemma se il lavoratore possa rifiutare la nomina fatta dal DL fruitore del servizio (non essendo formalmente quest'ultimo il suo datore di lavoro). Quesito questo, che potrebbe essere del tutto aggirato attraverso il meccanismo della doppia firma all'atto della designazione da parte di entrambi i datori di lavoro, blindando il datore di lavoro ospitante contro eventuali “rifiuti” da parte dei lavoratori coinvolti, salvo non siano, ovviamente, debitamente motivati. L’escamotage della duplice firma da parte dei datori di lavoro nella lettera di designazione dei lavoratori facenti parte delle squadre di emergenza aziendali, potrebbe venirci in soccorso laddove il testo della disposizione afferma che il datore di lavoro dovrà individuare tra i suoi subordinati coloro da destinare ai ruoli di gestione delle emergenze, tenendo conto delle loro capacità e condizioni in rapporto alla salute dei medesimi. Infatti, gli unici soggetti di cui il DL potrà conoscere le caratteristiche e attitudini personali saranno quelli che lui stesso ha assunto e non certo quelli che vengono inviati sul posto di lavoro da una società terza. Resta ben inteso che, successivamente, il datore di lavoro fruitore del servizio dovrà verificare che il lavoratore indicato (o prestato) dalla società esterna (preventivamente valutato dal proprio datore di lavoro) possegga effettivamente la capacità di svolgere i compiti affidatigli. E ancora in riferimento all’aspetto documentale, eventualmente esibibile a terzi, altro punto importante da analizzare è quello che riguarda il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS). In particolare, l'art. 50, comma 1, lett. c del T.U. dispone che il RLS deve essere consultato sulla designazione degli addetti all'attività di prevenzione incendi, al primo soccorso e all'evacuazione dei luoghi di lavoro. Tale obbligo, di chiara utilità e importanza in una realtà lavorativa tradizionale, risulta determinante nei casi su descritti. In siffatte realtà si ritiene fondamentale la collaborazione e consultazione del RLS a tal punto che sarebbe auspicabile l'elaborazione di una formale lettera datata e sottoscritta per accettazione dal RLS, in cui si rende edotto e partecipe tale soggetto delle designazioni dei lavoratori esterni all’interno delle squadre di emergenza. Ciò garantirebbe, come pretende la norma, che l'RLS non sia solo informato, ma consultato durante tale attività di scelta e di formazione. Il ruolo del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza avrebbe pertanto pieno riconoscimento e compiuta decisività nelle scelte organizzative aziendali attraverso un vero e proprio scambio di consigli, pareri ed informazioni.
5. L’inquadramento giuridico dei lavoratori
Prima di concludere riteniamo doveroso richiamare sinteticamente la questione attinente al tipo di inquadramento giuridico in cui collocare i soggetti di cui sopra, inseriti nelle squadre di emergenza aziendali. Si ricorda che la scelta, e quindi la designazione, effettuata dal Datore di lavoro, o nel nostro caso dai datori di lavoro, non deve essere in alcun modo confusa con una delega di funzioni prevista all'art. 16 del D.Lgs. 81/2008. Da ciò, pertanto, si ricava che non si configurano nei riguardi dei lavoratori incaricati quelle responsabilità che seguono, invece, nel caso di delega di funzione. In capo ai vari addetti all'antincendio, al primo soccorso e all'evacuazione, inoltre, non è nemmeno configurabile una posizione di garanzia. La loro posizione deve essere sempre equiparata a quella di un qualunque altro lavoratore ai sensi dell'art. 20 del T.U. Per poter stabilire, se possa muoversi un rimprovero al lavoratore in questione, in base al fatto che egli sia tenuto ad adottare un determinato comportamento, dovranno valutarsi alcuni aspetti, primo tra questi se il lavoratore abbia ricevuto una formazione idonea, un'istruzione specifica e dei mezzi adeguati. La presenza di carenze in proposito potrebbe portare, se non ad escludere, quantomeno ad attenuare la sua responsabilità. Per quanto attiene alla descrizione sul tipo di responsabilità, in particolare civili e penali, ascrivibili ai lavoratori delle società esterne che vengono “inglobati” all’interno delle squadre di emergenza aziendali, queste in definitiva non differiscono granché rispetto a quelle riscontrabili per tutti gli altri lavoratori. In conclusione, lo snellimento dell’organizzazione aziendale e/o l’affidamento in appalto di servizi non può essere causa, o ancor peggio pretesto per gravi inadempienze normative che potrebbero pregiudicare la salute dei lavoratori e/o di terzi che, per legittime ragioni, accedano ai luoghi di lavoro. Al contrario invece, deve essere il movente per l'attivazione di sinergie tra i vari datori di lavoro coinvolti, affinché siano tutti attivamente partecipi dell’organizzazione aziendale in caso di emergenza.